Francesco Astolfi Francesco Astolfi

DOPPIO SAN VALENTINO

In Giappone, ci sono 2 San Valentino.

Uno, il 14 Febbraio.

L’altro, il 14 Marzo, giorno del White Day.

In Giappone, è tradizione che il giorno di San Valentino le ragazze dimostrino il proprio amore ai ragazzi, con regali, dolci e dichiarazioni d'amore scritte.

Nel giorno del White Day, ad un mese esatto di distanza, saranno i ragazzi a restituire alle ragazze il gesto, con un dono e/o una dichiarazione d’amore.

Per noi, è una cosa bellissima.

In un Paese dove nessuno si bacia o si abbraccia in pubblico - nemmeno in una metropoli occidentalizzata come è Tokyo - si lascia a gesti semplici e a parole sincere il compito di dimostrare l'amore.

E così abbiamo pensato di replicare questa tradizione, nel nostro piccolo.

Le coppie che verranno da noi la sera di San Valentino riceveranno una cartolina.

Ma non una cartolina “normale”..

Si tratta di una cartolina particolare..

Tutte le coppie che torneranno da noi per il White Day del 14 Marzo verranno omaggiate di uno dei 2 dolci a scelta speciali per San Valentino: In esclusiva per le 2 serate, 2 dolci Yogashi, quelli che vedete qui sotto in foto.

Si tratta di pasticceria contemporanea giapponese, che mixa dolci occidentali con la materie prime e le forme orientali).

Una Mousse al cioccolato, cremoso alla nocciola e zenzero.

E una alla mandorla con cuore di ciliegia arricchito da una composta di amarene, ispirato ai Sakura giapponesi.

E’ relativamente semplice festeggiare l’amore il 14 Febbraio, quando lo fanno tutti.

Più complicato farlo il 14 Marzo, per il White Day, ad un mese di distanza, quando tutti tornano alle proprie vite e non c’è nessuna pressione sociale a festeggiare l’amore.

Chissà.. forse, chi desidera dimostra l’amore con i gesti, si ricorderà.

Come sempre, vi aspettiamo nei nostri Ramen bar, senza prenotazione.

Grazie per essere qui.

Una Mousse al cioccolato, cremoso alla nocciola e zenzero.

Mousse alla mandorla con cuore di ciliegia arricchito da una composta di amarene

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Francesco Astolfi Francesco Astolfi

Da appassionato di Anime e senza saper cucinare, a Ramen Chef di Yume Ramen

La vita non sempre va nella direzione in cui vuoi tu.

A volte ti accorgi che il cammino che hai intrapreso non era esattamente quello che volevi. Che avevi bisogno di girare a destra e ritrovarti in un vicolo cieco, per capire che invece dovevi girare a sinistra.

E' quello che è successo al nostro Samuele.

Che non ha mai studiato cucina in senso tradizionale. Ma che da autodidatta sa tutto ciò che è necessario sapere.

Samu per noi è quello che sviluppa le ricette, che crea l'equilibrio perfetto dei Ramen.

Che legge qualsiasi libro sul Ramen sia stato pubblicato.

Che ha mangiato più Ramen di tutti, fino a scoppiare.

Che cerca continuamente quei piccoli aggiustamenti ai dettagli che trasformano una ciotola di Ramen in una magia per l'anima.

Il menu di Yume Ramen l'ha creato lui. E' lui che ha testato ogni singolo ingrediente. Che ha provato decine di brodi, fatti bollire per giorni.

E' lui che ha formato tutti i nostri cuochi. E' lui che conosce meglio di tutti la destinazione a cui dobbiamo arrivare, noi umili studenti nel lungo cammino che conduce alla sacra arte del Ramen Giapponese. Quello autentico e puro.

E così, abbiamo voluto intervistarlo. Per fargli quelle domande che tutti, noi compresi, non abbiamo mai avuto il coraggio di fargli.

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- Raccontaci un po' la tua storia e la tua passione per la cucina giapponese. 
Ero un assiduo lettore di manga giapponesi di quelli che si divorano decine di episodi di Anime. Mi affascinava la psiche di ogni personaggio e come questa influiva in maniera singolare per superare gli ostacoli durante il percorso.

Cucinare è sempre stata la parte di me presa da mia madre, un amore nato mentre la guardavo preparare con ammirazione i suoi migliori piatti.

Crescendo decisi che l'avrei imitata, emulavo le sue creazioni e mi divertivo a riunire gli amici per riproporle a loro.

Ci è voluto poco prima che, vedendo pietanze esotiche tra le pagine dei manga, cominciai a guardare qualche ricetta online da sperimentare sul mio gruppetto di amici.

Non era un lavoro, gli studi e l'università mi portavano da un'altra parte, probabilmente sarei finito su una scrivania.. Infatti c'era in atto un conflitto tra me e la mia famiglia su come impiegavo il mio tempo.. che cosa avrei fatto in concreto?

Ma a me cucinare mi faceva sentire vivo e ammetterlo non era facile, non ero un cuoco, dove volevo andare?

Per caso un giorno un caro amico mi mandò un annuncio, cercavano un Sushiman senza esperienza. In quel momento pensai che se fossi riuscito a conciliare studio e lavoro allora avrei accontentato tutti.

Entrai nella mia prima cucina giapponese felice come un bambino. Da quel momento ho cominciato a comprare libri di ricette, seguire YouTuber asiatici per saperne di più.. non mi bastava mai..

Finivo sempre per testare piatti e nuove idee sugli amici nei miei giorni liberi. Senza accorgermene, stavo assumendo un approccio professionale alla cucina.

All’improvviso, mi resi conto di essere sempre stato un cuoco.

- Quando e dove hai mangiato il tuo primo Ramen?
Il primo ramen l'ho preparato e mangiato a casa mia un po’ di anni fa!

Avevo appena completato un corso di ramen online e fantasticavo su come credevo fosse il sapore del brodo e su come l'avrei preparato io!

Così, ho invitato 5 amici per pranzo e ho piazzato la sveglia alle 4 per mettere sul fornello il brodo e la Chashu di maiale.

Verso mezzogiorno arrivarono gli ospiti incuriositi dalla proposta e affamati, perchè come al solito ero in ritardo e abbiamo cominciato a montare i ramen sulle due del pomeriggio insieme.

Volete vedere il risultato di quel giorno? Eccolo qua:

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Se ripenso a quel giorno mi viene da sorridere, avevo cosi poca consapevolezza di quel che facevo, ma nonostante tutto venne fuori un brodo e una chashu deliziosi ed equilibrati che non riuscii ad eguagliare nei tentativi successivi.

Sarà perchè "non è mai come il primo amore" o forse perchè in quel pranzo c'erano le persone a me più care riunite, però quel giorno mi diede la carica per provare e riprovare il ramen nei mesi successivi.


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- Che cosa rappresenta il Ramen nella cultura giapponese, dal tuo punto di vista?
Viene sempre scontato o naturale paragonare il ramen alla pasta per gli italiani, un pasto pratico e confortante che puoi preparare anche casa con facilità.

Ma il ramen non è così semplice, ha lunghe preparazioni, richiede maestria e veramente pochi giapponesi lo preparerebbero in casa.

Io vedo il ramen nella cultura giapponese come la pizza in quella italiana, i tempi di attesa della lievitatura sono simili ai tempi di preparazione dei brodi, puoi giocare tanto in entrambi con le farine e con la scelta degli ingredienti ed entrambi i piatti sono poveri.

Infatti i giapponesi quando hanno un languorino, escono di casa e si dirigono nel loro Ramen Bar preferito, anche nel pomeriggio, come facciamo noi italiani quando ci viene voglia di pizza!

- Qual è il segreto per creare una ciotola di ramen perfetta? :)
Non so com'è per i miei colleghi, ma credo che ogni Ramen Chef, quando pensa ad un nuovo Ramen, cerchi prima il protagonista.

Potrebbe essere il brodo. O un tipo di noodles particolare. Oppure la carne.

Quando trovi la star del piatto allora cominci a costruire intorno ad essa gli altri attori cercando equilibri e sinergie.

Se devo essere del tutto onesto, in questo processo non sono mai imparziale, faccio favoritismi.. Il brodo è sempre nei miei pensieri quando creo un nuovo ramen!

- Che consigli daresti alle persone che desiderano prepararsi Ramen a casa da soli? 
Posso soltanto condividere l'esperienza fatta nei miei inciampi:
1. Prima di partire visualizza sempre il risultato finale e non lasciartelo sfuggire nel percorso.
2. Non farti influenzare da chi ti sta intorno, il ramen ha solo un padrone ed è il cuoco che l'ha pensato.
3. Ricorda sempre che il sapore non si crea solo con il sale.
4. Cappa ben accesa e finestra della cucina aperta durante le cotture o sentirete un delizioso odore di maiale nei vestiti per una settimana! 

- Qual è il tuo Ramen preferito e perché?
Il ramen di Soia sicuramente. Adoro la profondità e complessità dei sapori all'interno e l'equilibrio di zuccheri e sale che si crea, mi fa godere forte!

Inoltre il mio primo ramen era di soia, l'ho già detto che il primo amore non si scorda mai? :)

- Come valuti la qualità dei ristoranti giapponesi in Italia? È possibile mangiare autentica cucina giapponese Washoku?
La cucina Washoku è molto di nicchia ed è spesso confusa con quella fusion, ma è perchè spesso ci vendono il fusion per cucina giapponese.

Non voglio essere frainteso, ogni piatto è buono se è preparato con passione e maestria, che sia tradizionale o fusion. Io personalmente apprezzo lati di entrambe le proposte. 

In generale penso che per trovare dei buoni ristoranti giapponesi bisogna aver tempo di esplorare e spostarsi nelle grandi città, infatti, nei miei tour in giro per l'Italia e per il Mondo ho trovato tante chicche che mi hanno lasciato a bocca aperta.

Per questo a Yume Ramen cerco sempre di proporre qualcosa di diverso rispetto a quello che siamo abituati trovare, penso sempre che se piace a me essere stupito allora ho il compito di stupire a mia volta.

 
- Che cosa hai in serbo per il futuro Menu di Yume Ramen?
In queste settimane sto lavorando sui Bao, i panini asiatici dolci e morbidi con il pane a becco di papera e sul Mazemen, il ramen senza brodo mischiato con l'uovo in camicia. 

Non so di preciso cosa riserva il futuro del nostro menù, non sono mai stato schematico. Posso però promettere che come nell'ultimo anno continuerò a portar novità e che saranno tutte cose che, hanno stupito me per primo..

Grazie Samu per l’intervista.

Se ti va di scambiare quattro chiacchiere con lui di Ramen o di cucina giapponese, lo trovi su Instagram con questo account.

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Francesco Astolfi Francesco Astolfi

[WabiSabiCulture] di San Ginesio: i doni della semplicità e della bellezza di un luogo magico

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Quando abbiamo chiesto a Serenella cosa significasse per lei la parola Zen, la sua risposta ci ha un po' stupito.

"Rigore. Zen significa rigore".

Ci aspettavamo una risposta diversa.

Equilibrio. Calma. Minimalismo.

E invece ci ha risposto "Rigore", mentre stavamo per assaggiare un The Matcha di alta qualità nella stupenda quando essenziale stanza del The.

Il rigore per saper attendere.

Il rigore di toglierti le scarpe, prima di entrare in casa.

Il rigore di rispettare gli altri, la natura e se stessi.

Il rigore di una vita vissuta con semplicità e naturalezza, opposta ad una vita artificiosa e forzata.

Ma aspetta, proviamo a raccontarti la storia dall’inizio…

Qualche tempo fa siamo stati al [WabiSabiCulture] di San Ginesio, vicino Macerata. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un Ryokan giapponese ricavato da antichi casolari marchigiani, costruito in Bio-Architettura.

Mezzo ettaro di assoluta pace, tra aceri, peonie, glicini e fiori di campo.

Un romantico laghetto abitato da variopinti koi.

Un tempio buddhista consacrato, ricco di ruote del tempo.

Una stanza dedicata all'ofuro, il tradizionale Bagno Giapponese di purificazione del corpo e dello spirito in una vasca da bagno di hinoki, colma d'acqua a 43°.

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Tre stanze per gli ospiti, di dimensioni di 4 tatami e mezzo.

Un piccolo villaggio di pace, collegato da sentieri in pietra e legno, che significano passi di consapevolezza.

Dopo aver respirato la magia ed il mistero del Giappone antico, Serenella e Ricky - i due fondatori - hanno costruito qualcosa di completamente unico. Hanno importato quasi tutti i materiali direttamente dal Giappone: tatami, utensili, travi di legno, pietre, oggetti, ceramiche.

Questo posto è davvero incredibile. Incarna perfettamente il concetto di Wabi Sabi giapponese. Il Wabi Sabi è intimamente intrecciato alla fondamentale relazione dell'uomo con la natura. E' collegato con l'accettazione della transitorietà di tutte le cose e la sperimentazione della vita attraverso i sensi.

Vivendo in città, abbiamo accesso a tante cose belle, ma nel contempo viviamo separati dalla natura e gli ambienti artificiali prosciugano le nostre energie. Ma una lenta rivoluzione sta montando: il desiderio di una vita più semplice e ricca di significato.

Una vita piena di bellezza e natura. Di consapevolezza e accettazione delle nostre imperfezioni.

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Il wabi sabi è uno stato mentale.

Un'inspirazione profonda ed un'espirazione lenta.

Il Wabi Sabi è un viaggio che ci porta fino al cuore della vita stessa.

Il The, e la sua Cerimonia, sono strettamente collegati al wabi sabi. Una stanza essenziale eppure bellissima. Una piccola composizione di ikebana. Una poetica pergamena appesa nell'alcova allo scopo di stimolare il pensiero. Movimenti lenti per degustare il the, e ringraziare il Maestro del The. La ritualità del The consiste in questo, culto della semplicità, estetica dell'essenziale, connessione totale con se stessi.

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Ecco, il [WabiSabiCulture] di San Ginesio ti consente proprio questo: di entrare in contatto con l'essenza della bellezza autentica, ti apre gli occhi sulla transitorietà delle cose e della vita, ti aiuta a riconoscere come nelle semplicità si possa trovare grande bellezza, valore e conforto.

Se ci andate, fatevi accompagnare in questo viaggio di scoperta da Ricky e Serenella. Di come abbiano sentito il desiderio di costruire questo posto, dopo 6 anni di duro lavoro. Di cosa significhino i tatami per i giapponesi. Fatevi raccontare di come Serenella realizza le splendide lanterne Tsuki.

E fatevi spiegare i doni al corpo e alla mente che regala la cerimonia del the.

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Francesco Astolfi Francesco Astolfi

Il compleanno di Yume Ramen (a modo nostro)

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E' volato un anno e siamo felici. Abbiamo servito 20.000 ciotole di Ramen. Abbiamo raccolto 6.000 Yume. Abbiamo fatto scoprire a tante persone il Ramen. Abbiamo fatto riflettere le persone su ciò che vogliono davvero la loro vita, davanti ad una ciotola di Ramen.

Insomma, abbiamo fatto ciò per cui siamo nati.

E di questo vi siamo grati.

Per questo vogliamo che il nostro compleanno sia una festa dedicata al motivo per cui esistiamo: celebrare il Ramen e avvicinare i nostri Ospiti ai loro Sogni.

Giovedì 24 Ottobre sarà il giorno del nostro primo compleanno, e per l’occasione abbiamo pensato a qualcosa di speciale.

Per la serata, TUTTI i nostri Ramen costeranno solo €6 (qualsiasi Ramen). In questo modo vi diamo un motivo in più per venire a salutarci e a regalarvi una bella ciotola di Ramen, che riempie la pancia e il cuore.

Ma non finisce qui, il bello deve ancora venire.

Per il nostro compleanno, vogliamo fare un gesto concreto per realizzare i sogni dei nostri Ospiti. Sì perchè la nostra missione è quella di avvicinare le persone a ciò che vogliono davvero. E se possiamo farlo concretamente, ancora meglio.

Così, il regalo vogliamo farvelo noi. Sì, hai capito bene: vogliamo aiutare concretamente alla realizzazione dei sogni.

Ovviamente non possiamo realizzare i sogni di tutti. Ma uno sì. Possiamo dare il nostro contributo alla realizzazione di uno.

Per questo, l’incasso della vendita dei Ramen della serata andrà a supportare il sogno di uno dei nostri Ospiti.

Cosa significa in concreto? Significa che se il tuo sogno è fare un viaggio in Giappone, ti aiuteremo a comprare il volo; se sogni di sposarti ti aiuteremo a comprare alcune cose che ti servono; se vuoi andare a vivere a New York ti possiamo pagare l'affitto di un mese; se vuoi imparare a suonare la batteria, ti acquisteremo un corso.. e così via..

Ora però abbiamo un problema (e abbiamo bisogno anche del tuo aiuto). Dobbiamo selezionare quello più meritevole del nostro supporto. Per selezionare il Sogno da supportare stiamo organizzando un contest.

Una prima selezione dei Sogni verrà fatta direttamente da noi. Ma a decretare definitivamente il Sogno più meritevole del nostro (e del tuo) supporto sarà la community stessa di Yume Ramen, cioè voi.

Hai un sogno su cui vorresti una mano?

Clicca qui sotto per candidare il tuo a diventare The Birthday Dream!

Grazie per averci letto fino a qui.

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Francesco Astolfi Francesco Astolfi

Cronache di un Ramen Tour a Londra

Andare in cerca, scoprire, analizzare i dettagli. E’ questo quello che ci piace fare, soprattutto quando si parla di Ramen. E così abbiamo deciso di prendere un volo e provare un po’ di Ramen Bar di Londra.

Quali proviamo? ci siamo chiesti. Beh, tutti! è stata la risposta

E così, dopo 2 ore di volo da Bologna a Heathrow, eravamo in UK per contaminarci, migliorarci, conoscere un po’ gli altri (e noi stessi).

Sono stati 3 giorni stupendi, nei quali abbiamo mangiato Ramen a pranzo e cena. L’immancabile pioggia londinese, un appartamento nel cuore di White Chapel, scarpe comode e tanti chilometri macinati per perlustrare la City a piedi e in bus.

Sei pronto Ramen Lover? Allaccia le cinture, si parte!

Kanadaya Ramen

La prima tappa del nostro ramen tour è stato Kanadaya Ramen.

Appena entrati siamo stati accolti dallo staff in camicia color salmone che ci ha indirizzato in un tavolo da 4. Il locale è piccolo con tavoli in legno che offrono poco spazio per giubbotti e borse, a lato sul tavolo ci sono le bacchettine in plastica, tovagliolini e menù. Ad accompagnare il pasto sempre sul tavolo due contenitori con zenzero marinato e funghi fermentati piccanti.

Sulle parete di mattoni vi è qualche foto che riporta alla cultura del ramen. In fondo al locale si intravede la cucina a vista, anche se rimane difficile godersi lo show dei cuochi senza intralciare lo staff della sala.

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Il Menu ricorda quello di un tipico Ramen Bar giapponese, una pagina con poche scelte ma ben curate. Un solo tipo di Gyoza (maiale), 4 tipi di Onigiri che si differenziano per il contenuto al centro del riso (quello al salmone era delizioso) e qualche side fanno da contorno a una selezione di 8 Ramen con brodo e 1 senza brodo, l’Abura Soba.

La differenza principale tra un ramen e l’altro è la composizione del brodo, la maggior parte è di ossa di Maiale o di ossa di pollo, o una miscela di entrambi. Spicca nell’offerta un Ramen decisamente unico, quello vegetariano con funghi shiitake e latte di soia.

Noi abbiamo scelto Abura Soba e un Tonkotsu classico. Il Tonkotsu segue lo stile di Hakata, noodle sottile per raccogliere al meglio il brodo denso, funghi neri fini, cipollotto esclusivamente verde e la chashu di maiale marinata, tre fettine.

Il brodo era miscelato con il dashi, una delle basi della cucina giapponese, una scelta che taglia fuori un pò il sapore più aggressivo del maiale e va incontro al gusto occidentale. Anche la chashu ha seguito questa filosofia, nonostante fosse di pancia, il pezzo più grasso di maiale, ma non era eccessivamente grassa.

Personalmente non ci ha fatto impazzire, ma tutto sommato un buon Ramen, tradizionale ma che strizza l’occhio all’occidente.

L’Abura Soba non ci ha impressionato, il noodle non era vera soba (senza grano saraceno), ma l’olio in fondo alla ciotola con il quale amalgamare gli ingredienti era apprezzabile.

Shoryu

Shoryu si dichiara senza indugio di essere un ramen bar in pieno stile Hakata con la scritta un po’ dappertutto a sottolinearlo: “its in our Bones”, ovvero “è nelle nostre ossa”, riferito alla tipologia di brodo che hanno scelto, Tonkotsu di Maiale.

Ci sono diversi Shoryu a Londra, noi abbiamo provato quello di Carnaby, in Kingly Court. Appena entri passi sotto alle classiche tendine giapponesi che ti fanno subito entrare in un mood nipponico con cuochi che urlano frasi in giapponese tra i vapori della cucina, luci offuscate, qualche bel disegno in gesso dei ramen sui muri dove viene raccontato il loro signature ramen, il Tonkotsu.

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Ci ha servito una cameriera italiana (di Perugia) che ci ha sopportato per un’ora tra domande e curiosità e qualche offerta di lavoro in Italia. :)

Il menu è straricco di alternative al Ramen con Buns, Yakitori, Tempure, Takoyaki, Kaarage e Donburi. Shoryu serve anche del Sashimi di salmone, giusto per non farsi mancare nulla.

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La proposta Ramen consiste in 9 ramen Tonkotsu che si differenziano per oli, tipi di carne o l’aggiunta o meno di miso nel brodo. Oltre al classico, vi sono degli special con surplus di prezzo come il Kimchi Seafood Ramen o il Chicken Katsu Curry Ramen.
Abbiamo preso un Tonkotsu, qualche bun e un gyoza accompagnati da due thè, un Sencha (veramente troppo forte) e uno alla citronella (delicato e particolare).

Il Tonkotsu, a differenza di quello di Kanadaya, era più carico di sapore di Maiale, rendendolo a nostro gusto più tradizionale e interessante. La chashu si scioglieva in bocca e anche il fungo nero era delizioso, saporito e tenero. Un ottimo ramen anche se il noodle non sembrava niente di speciale.

Il gyoza servito direttamente in una padellina in ghisa aveva un leggero sapore di aglio in polvere che copriva un po’ il maiale. Non il migliore gyoza di Londra, sicuramente. I bun arrivati al tavolo nel contenitore di bamboo nei quale vengono cotti al vapore erano semplici con tanta salsa e la Chashu dei ramen.

L’impressione è stata che han speso molta cura per il ramen, ma gli altri piatti sono molto standardizzati.

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Tonkotsu

Il locale è ispirato al nome del piatto. Interni moderni, con cucina a vista proprio davanti al vetro della strada, che ti invoglia ad entrare ancora prima di aver visto il menu.

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La tovaglietta sul tavolo riassumeva i piatti del locale. Ovviamente non mancava il Tonkotsu, ma a differenza degli altri Ramen Bar c’erano anche altri stili di Ramen: Seafood, Tsukemen, Tokyo Ramen, Miso ai funghi shiitake. Inoltre non mancavano proposte di Ramen freddi Hiyashi, un’insalata di noodles che va per la maggiore in estate. Tre proposte di gyoza, una di pesce con gamberi cipollotto e zenzero, una di carne con maiale aglio e zenzero e una vegetariana ai funghi e bamboo.

Abbiamo ordinato un Tokyo Ramen (se non altro per confrontarlo con il nostro!), uno Tsukemen di carne e un’insalata Hiyashi.

Lo Tsukemen ci ha un po’ deluso, il brodo sapeva tanto di dado e soia, non aveva un’idea precisa e dopo un po’ ci è risultato difficile continuare a mangiarlo.

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Il Tokyo Ramen invece era un piatto semplice, con Chashu marinata, bamboo, cipollotto e l’uovo marinato. Il brodo era “piaccione”, con un po’ di pollo e un po’ di dado e una carne abbastanza grassa e marinata il giusto. Ci è dispiaciuta l’assenza dell’alga nori tipica del Tokyo.

L’Hiyashi era praticamente un piatto a base di noodle con tanti pomodori, erbe fresche e chashu di maiale, servito con una salsina rinfrescante che sapeva di soia, cetriolo e limone. Dava una tono fresco ed estivo al piatto.

Ci ha colpito il Gyoza nella sua semplicità. Particolare anche il fatto che servissero l’acqua in caraffa con degli slice di cetriolo. L’ambiente è moderno, ma non particolarmente originale.

In generale non siamo rimasti molto soddisfatti, ma possiamo comprendere che quando provi a proporre tanti stili diversi di ramen è difficile dare il meglio in tutto.

Ippudo

Ippudo si presenta come vero e proprio ristorante con un ampia zona bar decorata con tanti tipi diverse di ciotole per il ramen a parete e il bancone in vetro che espongono dei noodles essiccati come decorazione.

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La cucina è aperta e si estende per il lungo, con un ramen chef e altri cuochi che preparano i side. Belle le piastre caratteristiche per i gyoza, e bellissima la cucina ricca dei vapori caratteristici dei bollitori e dei brodi.

Il menu alla carta è lungo e interessante e propone tante alternative tra gyoza, qualche side artigianale (abbiamo preso il cetriolo con sesamo in salsa gome, interessantissimo) e diversi tipi di bao.

Nonostante siano specializzati in Tonkotsu ho preso di nuovo un Tokyo Ramen di pollo. Era molto simile al nostro con petto di pollo tagliato fine, brodo intenso di pollo alla soia, cipollotto, naruto bamboo e alga nori.

Il petto di pollo era l’unica cosa che stonava, leggermente stopposo. Il resto era gustoso.
I gyoza più buoni li ho assaggiati qua, con una bella crosta importante e un buon sapore di maiale.

I Camerieri di tanto in tanto urlavano frasi in giapponese tra un ordine e l’altro.. non ho ben capito con quale logica ma il dilemma in sè mi ha incuriosito.

Belli i cuochi e le loro bandane nere.

Il servizio in sala era un po’ ansioso sia dall’accoglienza che durante il pasto, non riuscivo ad alzarmi o a guardare la cucina a vista che si interrogavano di continuo sulle nostre necessità, o mi sentivo che non ero benvoluto in piedi. Sicuramente è uno dei Ramen Bar dove abbiamo mangiato meglio.

Bone Daddies

Mi avevano parlato a lungo di questo posto tanto che ho anche comprato il libro di cucina. E abbiamo provato ben 2 Bone Daddies.


In quello in Old Street, l’ambiente è molto metropolitano, con tavoli e sedie alte, molti sakè esposti in vetrina e al bar e lampioni tipici da fabbrica un po grunge. Sul tavolo servivano sesamo, olio piccante e aglio da tritare con lo spremiaglio, anche questo sempre al tavolo ( non fatelo ragazzi, l’aglio a crudo non uccide soltanto i vampiri ma anche le persone intorno a voi).

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I camerieri erano poco preparati e non avevano molto un’idea del menu che andavano a servire, abbiamo preso il tonkotsu, il loro piatto forte e due tantanmen, ramen piccante con macinato di pollo e di maiale.


Quella sera dobbiamo essere stati sfortunati e aver probabilmente beccato un cuoco alle prime armi o un terrorista perche’ tutti e tre i ramen avevano veramente troppo olio di sesamo o mayu (l’olio caratteristico del tonkotsu, nero come il carbone derivato dall’aglio carbonizzato) e non era possibile godersi il piatto.


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Solo per l’impossibilita’ di bere il brodo è stata una bocciatura totale, nonostante la carne fosse tenera e succosa. Abbiamo preso dei mochi per rifarci la bocca, peccato che la consistenza era plasticosa.

Comunque pessimo servizio e pessimi i piatti. Serviva un secondo tentativo, così abbiamo provato anche quello di Bond Street, nel quale sapevamo della presenza esclusiva di uno chef storico giapponese che porta avanti la tradizione dei ramen del dopoguerra, Ramen Master Chiba-San, proprietario della catena giapponese Chibakiya.

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Il brodo era molto curato e grasso, la carne sobbollita di maiale si scioglieva in bocca. Vi erano anche delle erbe fresche e del bamboo aromatizzato. In generale il piatto non si estendeva in verticale ma rimaneva al livello del brodo. Buono, il miglior ramen di Soia provato a Londra. La mano del maestro giapponese si è sentita rispetto all’esperienza precedente.

Monohon

Atmosfera pazzesca per questo Ramen Bar in Old Street, creato da Ian Wheatley, un inglese dalla storia molto bella. Dopo aver vissuto a Osaka qualche anno ed essere ritornato nella City per perseguire una carriera da manager, un giorno ha deciso di seguire il suo Ikigai e di lasciare il suo lavoro sicuro per volare in Giappone, studiare il Ramen per qualche mese e poi investire tutti i suoi risparmi per aprire poi il suo Ramen Bar a Londra.

Tutto viene preparato in casa, dai noodles (con grano proveniente direttamente dal Giappone), ai brodi, ai toppings. Cucina completamente a vista, stile molto semplice e spartano, posti molto stretti.

Abbiamo mangiato uno stupendo Abura Soba, generoso nelle porzioni, nei sapori, nella magia. Noodles molto spessi, cipollotti, germogli di soia, scalogno fritto croccante, spalla di maiale, germogli di bambù marinati, uovo in camicia delicatissimo, alghe grattugiate, zenzero sottaceto, fili di pepe. Buonissimo.

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Nan Ban

L’ultimo giorno siamo passati davanti a questo piccolo Ramen Shop all’interno di una struttura commerciale piena di negozietti di Covent Garden. Si tratta di un pop-up restaurant di un ristorante molto quotato di Brixton.

Nanban ci è saltato all’occhio per il suo menù (3 ramen e due side) e per l’atmosfera che emanava.

Ci siamo avvicinati per parlare con lo chef e ho potuto vedere l’uscita del loro ramen vegetariano con verdure di stagione, una bellezza per il montaggio e la forma.

Purtroppo eravamo di corsa e non ho potuto provare i loro piatti ma sono rimasto comunque colpito dall’uso delle verdure sia in orizzontale che in verticale.

Una grande armonia non per niente creata da un vincitore di Masterchef. Tornerò presto!

Bao London

Niente Ramen questa volta: abbiamo provare questo ristorantino molto street di cucina taiwanese focalizzato sul Bao. Il locale è molto piccolo,  non ci sono tanti posti e sono disposti quasi tutti alla parete.

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La selezione è tra sei Bao, il classico con maiale coriandolo e burro di noccioline , il Confit con la chashu in salsa di maiale piccante e scalogno, Fried Chicken con pollo fritto marinato nel latte, maionese speziata kimchi e coriandolo, all’Agnello con coriandolo maionese all’aglio e cetrioli piccanti e uno al gelato e uno vegetariano con daikon in salsa piccante e coriandolo. Il resto del menu erano piatti di riso o di fritto o qualche verdurina come side.

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Il servizio è stato tremendo, gia dal momento in cui ci siamo seduti hanno cominciato a pressarci per ordinare tanto (evidentemente i pochi posti devono fruttare il piu possibile) e ad ogni domanda abbiamo ricevuto una risposta scocciata.

I Bao erano si molto ricercati ma anche con poco compromesso con la cultura occidentale, la crema di coriandolo è interessante ma rimane un sapore troppo intricato.

La carne in ogni panino era molto nascosta dalle salse superpiccanti. Insomma, il locale non era adatto al nostro palato e neanche noi eravamo i clienti adatti ai loro camerieri.
Peccato, il posto è comunque molto carino

Yum Bun

Piccolo chiosco all’interno di un mercato. Self service con due cuochi dietro il banco che fanno anche la cassa.

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Interessanti i bao, con una salsina squisita che accompagnavano la carne e qualche verdura per aggiungere freschezza.
Anche la versione piccante non è stata invasiva, lasciando i peperoncini sull’esterno per il libero arbitrio del cliente.
Il box che ci hanno fatto è stato accompagnato da delle verdure in aceto interessanti.

E’ ora di tornare.. cosa ci portiamo a casa?

Questo ramen tour ha portato tante nuove consapevolezze e conoscenze. 
A Londra si vedono sempre meno Sushibar e tanti ristoranti Asian, Ramen Bar su tutti ma anche Bao Bar.


Abbiamo visto tante proposte diverse di ingredienti e tanti modi diversi di proporli.
 Ci siamo resi conto che la cura e la dedizione che mettiamo nel nostro brodo lo rendono unico rispetto alle proposte londinesi, dove convergono tutti verso il sapore di dashi.


Pensiamo di dover migliorare ancora in alcune cose, soprattutto nelle proposte diverse, per questo ci stiamo muovendo per aggiungere Abura Soba, Mazemen e Ramen di Miso.

Per ora è tutto.

Al prossimo Ramen Tour in giro per il Mondo!

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Francesco Astolfi Francesco Astolfi

Manuale minimalista di sopravvivenza al Black Friday

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Oggi è Black Friday. Molti di voi spenderanno soldi nello shopping, nei regali di Natale, nei regali a se stessi.

Tutti i negozi, on e offline, cercheranno di irretire il maggior numero di clienti con sconti mirabolanti, offerte da urlo, titoli giganti.

Nel tentativo di vendere di più, il Black Friday è addirittura diventato un weekend. Ma c'è chi lo fa durare una settimana. Un negozio vicino al nostro ristorante addirittura fa il mese del Black Friday. Per un mese è come se fosse tutti i giorni Natale.

Per carità, tutti dobbiamo lavorare, noi compresi. Ed è giusto cercare di "sfruttare" questa festa per vendere qualcosa in più. Così come è giusto che le persone possano acquistare qualcosa in più ad un prezzo agevolato. Non vogliamo di certo fare i bacchettoni moralisti.

Quello che ci lascia un po' perplessi è il fatto che questo giorno sia magnificato come un gran giorno.

La maggior parte degli acquisti che verranno fatti in questo giorno non arricchiranno davvero le vite delle persone che li faranno. Saranno d'impulso, legati alle condizioni di prezzo del momento.

Non solo: noi occidentali spesso non conosciamo noi stessi e non sappiamo cosa vogliamo dalla vita. Questo ci dà grande senso di frustrazione, che tendiamo a colmare con attività compensatorie, come lo shopping.

Acquistiamo per compensare le nostre irrequietezze. Ma dentro di noi sappiamo che quegli acquisti saranno felicità effimere, che dureranno qualche giorno o al massimo qualche settimana.

In Giappone sta crescendo sempre più il trend del minimalismo. Case piccole, con sempre meno oggetti. Ed i pochi oggetti acquistati sono di altissima qualità e affettivamente significativi per chi li ha acquistati.

In poche parole, si comprano solo cose che danno gioia nel lungo periodo, evitando di comprare ciò che non serve e buttare tutto il resto. Il concetto è che dà più felicità possedere e conservare con cura una sola MUG da caffè che si ama, piuttosto che averne 3 o 4 verso cui non si prova nulla.

Abbiamo bisogno di spazio, di vuoto, di eliminare. Solo così riusciremo a capire cosa è davvero importante per noi. A focalizzare i gesti, le azioni, i pensieri, le persone e gli oggetti di valore.

Invece che acquistare cose, abbiamo bisogno molto di più di tempo per noi, di amare noi stessi e le persone. Di viaggiare, per scoprire e scoprirsi. Di vivere esperienze che abbiano senso.

Prima di acquistare qualcosa oggi per il Black Friday, fermati un momento e rifletti: tra 1 o 5 anni questa cosa mi darà ancora felicità o la sto comprando solo per colmare un vuoto?

Acquistare cose inutili ti rende pesante, lento, inappagato.

Rimani leggero, acquista solo ciò che ti fa sentire te stesso.

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